Un misterioso edificio testimone del passato industriale del Coghinas
Al tramonto, osservandolo da lontano, appare come uno strano scheletro rosa. Secondo le carte IGM si tratta della “cantoniera Pedredu”, che si trova però di fronte a questo strano edificio. Noi, nel dubbio, abbiamo deciso di chiamarlo villa del ponte Diana, perché è certo che questo edificio abbandonato è legato alla storia del ponte.
Il ponte Dìana oggi sembra un viadotto come tanti, ma a un occhio più attento svela numerosi particolari che ci riportano agli albori dell’industrializzazione della Sardegna. Opera imponente e ambiziosa, costruita nel 1925 dagli ingegneri Faconti e Perotti (ma non è chiaro perché il suo nome sia stato sempre associato a tale Dìana), permetteva di superare la valle del fiume Coghinas costituendo il punto cardine dell’allora trafficata strada Oschiri-Tempio: un tortuoso tragitto di oltre 30 chilometri, armonicamente districatosi tra le solitarie foreste del massiccio del monte Limbara.
La struttura del ponte è costituita da otto piloni e un grande arco centrale. Dopo la successiva realizzazione della diga del Coghinas la sua austerità appare oggi molto meno apprezzabile, a causa del livello dell’acqua che lo sommerge fino a pochi metri dal piano stradale.
Ma le storie del ponte e della diga sono intimamente connesse tra loro: un’opera così importante era stata pensata proprio in vista della realizzazione della diga situata a pochi chilometri di distanza. Il ponte Diana facilitava il trasporto dei materiali necessari per la sua costruzione, agevolandola e abbreviandone i tempi. Inoltre nella struttura sono inserite le tubazioni che portavano l’ammoniaca prodotta nella centrale idroelettrica direttamente allo stabilimento della Sarda Ammonia di Oschiri.
La complessità del progetto rese necessaria la presenza e l’alloggiamento stabile dell’equipe direttiva per il monitoraggio dei lavori. Per tale motivo, venne realizzata la grande villa in stile Liberty sulla collina che domina il ponte, in località denominata Pedredu. Oggi restano solo i ruderi, ma ciò che che colpisce è la sua struttura bizzarra e allo stesso tempo sfarzosa, completamente diversa dalle innumerevoli case cantoniere disseminate sul territorio sardo.
Costruita su tre piani, con un livello interrato, tutto il contorno superiore è ornato da un fregio, che forse è l’elemento che più di ogni altro rende caratteristico questo edificio. Le condizioni in cui versa sono precarie, quello che rimane è poco più di uno scheletro: la struttura esterna sembra ancora reggere allo scorrere del tempo, ma non c’è più traccia di infissi e i piani superiori risultano inaccessibili per il crollo delle scale.
Purtroppo non conosciamo altri particolari sulla storia di questo edificio dal fascino misterioso, e soprattutto sul motivo di tanto sfarzo per quella che ipotizziamo fosse una costruzione di utilizzo temporaneo. Non è noto se nelle intenzioni dei costruttori sarebbe dovuta diventare qualcosa di più, ad esempio una residenza fissa: sappiamo solo che verso la fine degli anni ’30 la villa era abbandonata già da diverso tempo.
Altri due piccoli edifici caratterizzano l’area di Pedredu: il primo è quello che rimane della vecchia stazione di pompaggio dell’ammoniaca, oggi utilizzata come rifugio per animali da pascolo. E’ ancora possibile seguire il percorso delle tubature che, fuoriuscite dal ponte Diana, si snodano tra la vegetazione e proseguono in direzione di Oschiri. Il secondo edificio è la “cantoniera ponte”, abbandonata più tardi rispetto alla villa, dove risiedeva il custode della stazione di pompaggio con la famiglia.
Aggiornamento 2015, riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Ho letto la vostra recensione sulla casa in stile liberty presso il ponte Diana, io sono cresciuta nella Frazione di San Leonardo a pochi chilometri dal ponte verso Tempio, ma in comune di Oschiri. La mia famiglia proviene da quelle terre da generazioni, mia nonna che è deceduta due anni fa, mi ha raccontato molte cose sulla villa di cui parlate. La villa fu costruita per allogare l’Ingegner Ravera e la sua famiglia, lui lavorava come direttore al della Sarda Ammonia , e come avete detto voi sotto il ponte passano i tubi che univano lo stabilimento del Coghinas con quello alla stazione dei treni di Oschiri ,la casa cantoniera che c’è di fianco non ha niente a che vedere con la villa. L’ingenier Ravera aveva due figli,Ada la maggiore era maestra e insegnava alla scuola elementare di san Leonardo dal 1931 fino al 36, non so se sia rimata fino al ’39, la suola era situata nella casa di mio bisnonno Salvatore Ledda, che aveva affiatato una stanza alla scuola e l’altra alla maestra, tranne negli anni della signiorina Ravera che viveva al ponte, la scuola aveva aperto nel 1930, e dopo che andò via la maestra Ravera l’insegnante tornò ad abitare lì. Mia nonna era nata nel 1921 e si ricordava bene la signorina Ravera, una giovane donna fortemente patriottica e devota al fascismo, Tanto che quando il fratello Ezio, morì durante la guerra di Spagna combattendo con Franco, si recò a scuola e volle festeggiare la morte del fratello perché “da oggi l’Italia ha un eroe in più.”
Mia nonna ricordava sempre il giorno in cui furono invitati a casa della signorina sul lago, fecero una gita, e la cosa che la colpì di più fu il grammofono, passarono la giornata ad ascoltare musica e poi fecero merenda nel bellissimo giardino che circondava la villa. Mia nonna mi disse che l’interno della casa era arredato con gusto, vi erano lampadari di cristallo, vetrine contenenti porcellane, sofà e poltroncine (nelle case della zona erano rarissimi, appannaggio dei più ricchi), tavolini con sopra centri ricamati dalle signore di casa. La famiglia rimase lì fino alla fine degli anni ’30, poi si trasferirono e i successori alla Sarda Ammonia non abitarono più lì ma nella villa presso la stazione, da allora la casa è disabitata e piano piano è andata in rovina.
cordiali saluti Prof.ssa Aura Schintu
Dove si trova: all’inizio del ponte Diana in direzione Tempio Pausania, sul lago Coghinas, lungo la SS 597. Google Maps