Un naufragio sulle coste sarde, una curiosa macchina per esplorare gli abissi provata nei mari di Cagliari, un aspirante capitano Nemo che non è passato alla storia.
Il 17 settembre del 1872 una nave proveniente da Marsiglia fa naufragio sulle coste della Sardegna. A bordo c’è un personaggio misterioso e multiforme, che sopravvissuto al naufragio trova riparo sulla spiaggia di Porto Ferro e spedisce una lettera a un certo barone Taylor di Parigi:
“In questo istante mi trovo al coperto in una capanna di pescatori” scrive il naufrago, “e ho dinnanzi ai miei occhi la nave che la fortuna ha gettato alla spiaggia e che i continui colpi del mare stanno demolendo. Ella non poteva immaginare, signor barone, quanto io abbia sofferto nei sette giorni e nelle sette notti che sono rimasto sul mare; né posso descriverle il dolore di cui sono ripieno. Non so se si potranno salvare i miei istrumenti o se il mare ingoierà tutto di qui a domani. Questa sera parto per Cagliari, via di terra”.
Chi è questo misterioso naufrago? E di quali istrumenti parla? Per capirlo bisogna fare un passo indietro.
Un anno prima, nel settembre del 1871, inizialmente a Villasimius e poi nella darsena di Cagliari, vengono compiuti degli esperimenti sottomarini che entusiasmano il pubblico e la stampa dell’epoca. Il protagonista assoluto è lui, il nostro futuro naufrago, Gian Battista Toselli.
Nei mari sardi Toselli prova una sua invenzione, la Talpa marina, una macchina sottomarina chiamata così perché si muove al buio e perché “cammina piano, ma cammina”, già sperimentata con successo qualche settimana nella baia di Napoli. Negli stessi anni in tanti stanno inventando e sperimentando strumenti per permettere all’essere umano di muoversi nelle profondità degli abissi, spesso mettendo a rischio la loro stessa vita.
Toselli non è da meno e sperimenta in prima persona la sua Talpa, di solito in dimostrazioni pubbliche davanti a una platea di notabili, esperti e semplici curiosi. L’obiettivo è provare a tutti che la sua macchina non solo è in grado di raggiungere il fondale marino, ma che può anche muoversi ed esplorare questo ambiente così ostile e ignoto. È un sogno antico, ed è riassunto bene dal motto del Nautilus, il sottomarino del capitano Nemo di “20mila leghe sotto i mari” di Jules Verne (ispirato dal sottomarino Nautilus di Robert Fulton del 1797), ovvero: “Mobilis in mobili”, mobile nell’elemento mobile.
Da fuori la Talpa assomiglia a una sorta di grossa caldaia. È un cilindro vuoto alto circa tre metri e mezzo e largo un metro. Ha un timone e una piccola elica da muovere a mano. Nella parte superiore c’è uno scompartimento per l’aria, in quella centrale lo spazio per una persona seduta, con un telegrafo per comunicare con la superficie, e nello scompartimento inferiore il deposito della zavorra, che viene riempito d’acqua per andare giù e svuotato per riemergere.
È uno strumento piuttosto rozzo ma ingegnoso. Il 24 settembre Toselli, dopo aver testato la Talpa nel mare di Villasimius, mette in scena la sua dimostrazione davanti ai cittadini di Cagliari. Alle 10.30 del mattino si immerge.
Durante l’immersione Toselli manda delle segnalazione telegrafiche in superficie per comunicare che tutto procede come previsto. Una volta sul fondo deve dimostrare che la Talpa, seppur lentamente, è in grado di muoversi e di compiere azioni. Una delle prove consiste nel tagliare con delle pinze un cavo calato sul fondale. La prova riesce e alle 12.30 la Talpa e il suo inventore riemergono tra gli applausi.
Qualche giorno dopo Toselli si esibisce in una nuova prova sempre nei mari sardi: arriva a 100 metri di profondità – o almeno così dice – raccoglie una cassa precedentemente nascosta sul fondale, e infine porta una carica esplosiva sotto la chiglia di una barca, facendola esplodere. Ancora applausi, tripudio, entusiasmo, e anche grande interesse dei militari che iniziano a vedere nella Talpa una potenziale arma, al pari dei sottomarini che negli stessi anni vanno via via migliorando.
Solo qualche giorno prima l’inventore aveva compiuto esperimenti simili nel golfo di Napoli. Su un quotidiano leggiamo una cronaca dell’evento che può adattarsi anche agli esperimenti cagliaritani:
“Sicuro di sé entrò nella Talpa-marina e discese lentamente nel fondo del mare. […] Questa discesa attraverso 70 metri d’acqua, fu compiuta nello spazio di tre minuti e mezzo; ed allorché la macchina dopo qualche tempo ritornò a galleggiare, ed aperta la porta si vide uscirne il Toselli sorridente e tranquillo, gli applausi furono generali”.
Curiosamente, mentre si trova negli abissi all’interno della sua Talpa, Toselli scrive una lettera descrivendo ciò che vede e ciò che prova. Il giornale la presenta con il giusto entusiasmo: “È questo senza dubbio il primo documento che siasi scritto da un uomo con 70 metri di acqua sul capo, e siamo ben lieti di poterlo alla nostra volta noi pei primi pubblicare”.
Scrive Toselli dal fondale:
“Sono tante e tali le sensazioni che provo in questo momento, che, se attendessi un solo istante a registrarle, certo mi sfuggirebbero dalla memoria. […] Quaggiù l’acqua non sembra più acqua, ma una vera massa di vetro trasparente, compatta ed immobile e bastantemente luminosa per potervi leggere e scrivere. […] Qui regna un silenzio che a taluno farebbe spavento; ma io mi trovo benissimo, e provo non so quale piacere a respirare in questo stato”.
Toselli continua la lettera manifestando grande entusiasmo per un esperimento in realtà ancora in corso e che da un momento all’altro potrebbe trasformarsi in tragedia, trasformando la sua invenzione nella sua bara, come capitato a molti altri inventori prima di lui. Ma sembra più soddisfatto che preoccupato, e alla fine si firma così: “Dal fondo della baia di Napoli, il 26 agosto 1871, devotissimo G.B. Toselli”.
Dopo gli esperimenti a Napoli e a Cagliari Gian Battista Toselli si sposta a Genova a bordo del piroscafo “La Sardegna”, con l’intero Stato Maggiore della Marina, un rappresentante del comune di Cagliari, il comandante del porto di Cagliari e altri invitati, per mettere di nuovo in scena la sua Talpa marina. Dalle cronache di quel giorno si capisce che ormai si sente sicuro del funzionamento della sua macchina: “Giunti sul posto il signor Toselli entrò nella sua talpa e vi si chiuse dentro, con la serenità con cui altri entrerebbero nella sua stanza nuziale”.
La notizia dei successi della Talpa marina fa il giro del mondo e molte pubblicazioni di quel periodo, italiane e straniere, parlano dell’ingegner Toselli. Qualche mese dopo l’inventore parte per la Francia e viene decisa la costruzione di una seconda Talpa in grado di scendere ancora più a fondo. Questa seconda macchina sarà dotata di lampade che per illuminare gli abissi – grazie all’eccitante novità di quegli anni, cioè l’elettricità – in modo da poter operare sul fondale anche dove la luce non arriva. L’obiettivo è quello di usare la Talpa per raccogliere materiali preziosi come i coralli, ma anche per missioni di recupero di navi affondate.
Nello stesso articolo si parla di un piccolo mistero che i cronisti non riescono a spiegarsi: ovvero come sia possibile che Toselli riesca a stare per ore dentro la sua Talpa senza bisogno di un tubo esterno per l’aria, ma utilizzando la riserva interna d’ossigeno senza però sentirsi male.
È uno di quei problemi sul quale in tanti si arrovellano da anni e Toselli a quanto pare l’ha risolto, anche se nessuno ha capito esattamente come. Ma un mistero è anche un’ottima strategia pubblicitaria, dunque l’inventore fa di tutto per alimentarlo e si tutela da eventuali imitazioni, come spiegato in un articolo di quel periodo:
“Si sa che egli ha depositato sotto suggello il di lui segreto ad un notaio di Cagliari con ordine che, venendo il Toselli a morire, sia quel piego passato al presidente della Società della talpa-marina, il quale soltanto avrà diritto di aprirlo e prenderne conoscenza”.
Non tutti però sono così entusiasti. Toselli è molto bravo a esibirsi con la sua Talpa e a far parlare di sé, ma gli osservatori più attenti sono scettici, altri forse sono invidiosi, fatto sta che l’inventore non è esente da critiche.
Sul giornale “Il politecnico” (1871) si sottolinea come la Talpa sia utile per osservazione scientifiche, ma “difficilmente per operazioni di salvataggio o di altro lavoro subacqueo”.
In effetti in almeno una situazione Toselli non è stato in grado di spostarla perché non è riuscito ad applicare la forza sufficiente per muovere l’elica. E poi le dimostrazioni sono sì pubbliche, ma l’unico testimone delle profondità raggiunte è lo stesso Toselli. È lecito che a qualcuno venga il dubbio che le dimostrazioni siano messinscene ben congegnate, come in uno spettacolo di illusionismo.
Nel frattempo deve difendersi anche dalle accuse di aver copiato l’idea, dato che nello stesso periodo appaiono invenzioni molto simili. Per questo motivo nel 1872 scrive un libro, “La talpa marina”, dove risponde punto per punto alle confutazioni dei suoi esperimenti e soprattutto sostiene la priorità della sua invenzione rispetto ad altre simili. Ma i giornali continuano a dividersi tra gli entusiasti di questo genio italico e i diffidenti.
Su “La Stampa” del 17 luglio 1872, si parla della Talpa come di una macchina “di cui tanto si è parlato per un poco e che ora pare già caduta in oblio”. Nel frattempo Toselli parte probabilmente da Nizza per ritornare in Sardegna, ma in superficie è meno fortunato di quanto non lo sia sotto, dunque naufraga e probabilmente perde i famosi istrumenti a cui teneva tanto. Nonostante tutto, non si dà affatto per vinto.
La Talpa sembra un’invenzione caduta nell’oblio, è vero, ma ogni tanto appare ancora sui giornali: nel 1873 Toselli annuncia una spedizione della Talpa nel Mar Rosso con l’obiettivo di recuperare perle; nel 1874 riesce a recuperare una scialuppa affondata a Marsiglia e viene annunciata una società per il recupero del corallo a Carlo Forte, in Sardegna; infine, nel 1878, presenta una nuova Talpa marina all’Esposizione Universale di Parigi. Quest’ultima rappresenta una grandissima occasione e sulle pagine dei quotidiani italiani ritorna un po’ di entusiasmo per l’inventore.
Napoleone III è caduto da poco, il nuovo regime invita tutto il mondo a Parigi per una grande esposizione che avrà un afflusso record: ben 16 milioni di visitatori. Una vetrina eccezionale per gli uomini d’ingegno alla ricerca di investitori.
La nuova Talpa viene presentata da Toselli come un’evoluzione dei primi rozzi modelli e viene accolta dai cronisti come “ben differente dalla precedente primitiva Talpa marina”. Questa può scendere da sola a 200 metri di profondità, ha il posto per due persone, una lampada elettrica, ed è dotata di ben “quattordici congegni per il salvataggio e la pesca, di differenti forme e grandezze, tutti perfezionati ed inventati dal Toselli stesso”.
Nella stessa Esposizione Toselli presenta anche delle macchinette per produrre il ghiaccio “in soli sei minuti”. Ma per promuovere le sue attività sottomarine l’inventore aveva avuto un’idea molto più ambiziosa: “Un acquario enorme, un mare artificiale nell’Esposizione appositamente per questi suoi apparecchi; un acquario-della profondità di 104 metri, munito di finestrine a diverse distanze dal livello, nel quale il visitatore potesse fare una discesa nel fondo del mare”.
Con un senso per lo spettacolo tipico degli inventori di fine secolo, Toselli aveva intenzione di fare qualcosa di strabiliante, che colpisse il pubblico dell’Esposizione e soprattutto i potenziali finanziatori. Più che le perle, le ostriche, i coralli o eventuali scialuppe, si avvicina sempre di più l’idea di usare le macchine sottomarine per recuperare i tesori sommersi.
Una vera ossessione che ha radici antiche e che si svilupperà sempre di più a fine Ottocento e poi nei primi anni del secolo successivo, in particolare nella Baia di Vigo, dove sul fondale melmoso giacciono i galeoni spagnoli carichi – si dice – di argento e altri tesori. Non è sicuro, ma in molti ci credono e si lanciano in imprese disperate. Ne parla anche il capitano Nemo (ancora lui) nel romanzo di Verne.
Anche Toselli scrive un libro sul recupero dei tesori sommersi a Vigo. La tecnica proposta da lui è simile a quella che si usa con le macchinette dotate di artiglio per la pesca dei pupazzi che si trovano nei luna park e nelle stazioni ferroviarie. Dalla Talpa marina calata sul fondale l’operatore individua il tesoro da recuperare. Con il telegrafo dà indicazioni sul punto esatto a una scialuppa che cala il cosiddetto Grappo Bisautomotore – una specie di grosso artiglio meccanico, altra invenzione di Toselli – esattamente sopra l’oggetto, e lo afferra. A operazione avvenuta l’artiglio vene tirato su e l’oggetto portato sulla scialuppa.
Questo era il genere di operazione che Toselli voleva mostrare all’Esposizione del 1878 nel suo mega-acquario alto quanto un palazzo di 25 piani. Un’idea tanto visionaria quanto folle e irrealizzabile, che dunque resterà sulla carta.
Non tutti però sono entusiasti: c’è anche chi scrive che la Talpa non è altro che “una campana che si muove di alto in basso e di basso in alto”, nulla di più. Ma Toselli non si scoraggia, evita le critiche delle stampa e preferisce il buio delle profondità marine: “Nella mia talpa-marina, nel silenzio sepolcrale che regna nel fondo del mare, mi venne fatto di meditare su molte cose e di risolvere molti problemi” scrive.
Ma nonostante il piccolo successo dell’Esposizione parigina, si perde nuovamente interesse per la Talpa. Se ne riparla solo nel 1882, quando a Cagliari si riuniscono i soci della Società della Talpa marina per accettare la proposta di un certo francese, il signor Blane, che rileva tutto. “Era un pezzo che nessuno più parlava della talpa marina” si legge su La Stampa del 26 marzo 1882. “Ecco dunque un’altra invenzione italiana che sarà sfruttata dagli stranieri”.
Un geniale inventore italiano che non trova capitali nel suo paese, la stampa che lo critica, gli stranieri che fiutano l’affare e portano via le idee… Sembra una storia già scritta. Ma non è proprio così.
A questo punto c’è un piccolo colpo di scena: Gian Battista Toselli infatti ha due vite, in una è un imprenditore e inventore italiano, nell’altra si chiama Jean-Baptiste Toselli, è nato a Nizza, dove morirà a 79 anni, ed è conosciuto come letterato e come instancabile imprenditore, nonché politico e vicesindaco della città per diversi anni. Oggi a Nizza c’è una Piazza Toselli a lui dedicata.
Il suo primo successo sono i frigoriferi portatili: nei primi anni 60 dell’Ottocento ne commercia una ventina a Parigi. Secondo altre fonti Toselli è stato ufficiale del Genio della Repubblica di Venezia dal 1848 e solo dal 1860 si è stabilito a Nizza, appena diventata francese. Di fatto, da un certo punto in poi, ha come due vite parallele che solo in alcuni momenti si toccano: in una è Jean-Baptiste, nell’altra è Gian Battista, ma in entrambe fa l’inventore.
A Mizza dunque è considerato un rispettabile cittadino che ha dedicato numerosi tomi alla storia della città, al suo dialetto, ai proverbi, e in effetti anche ai tesori sommersi e alle macchine per il ghiaccio. Suo padre era un commerciante di grano e aveva avviato Jean-Baptiste alla vita ecclesiastica, ma come abbiamo visto la sua vita ha preso altre strade.
Nonostante lo scarso entusiasmo per la sua nuova Talpa, la storia di Toselli non è finita qui. Anzi. Nel 1883 “Monsieur Toselli” presenta una nuova invenzione, ancora più ambiziosa ed evoluta della Talpa. In realtà, a leggere i giornali francesi dell’epoca, si capisce che a lanciare questa nuova iniziativa è Toselli, sì, ma il figlio, che viene citato sempre e solo come “A.Toselli”.
La nuova grande invenzione è un osservatorio marino alto 10 metri “mediante il quale riuscirà facil cosa a chiunque ne abbia vaghezza di visitare il fondo del mare, ammirarne le ricchezze, vederne gli antri popolati da quei mostri enormi e spaventevoli” così si legge su un quotidiano dell’epoca.
Gli abissi, anche in seguito alla fortuna del romanzo di Verne, sono visti come un mondo misterioso pieno di ricchezze e pericoli, da esplorare ma anche da dominare.
Secondo la descrizione dei giornali il Neptune – questo il nome del nuovo osservatorio sottomarino – è in grado di scendere fino a 200 metri di profondità ed “è costruito e arredato come un carrozzone di prima classe delle ferrovie”.
Ha quindici posti, una elegante scala a chiocciola, un salotto con tanto di poltrone per esaminare a proprio agio la fauna e la flora marina dagli oblò, un balconcino sulla cima, una luce elettrica per illuminare il fondale, mentre l’interno è illuminato dalle recenti lampade Swan, dal nome dell’inventore inglese delle lampade ad incandescenza nonché futuro socio di Edison. A bordo ci sono anche un telegrafo e un telefono “a disposizione dei viaggiatori perché possano corrispondere coll’esterno”.
I Toselli cercano finanziatori. La promessa è che “l’apparecchio potrà in seguito esser trasportato in tutte le città balneari nonché nei grandi centri marittimi”.
Qualche tempo dopo, nel 1884, la stampa annuncia che il Neptune è stato costruito e venduto ed è pronto ad entrare in attività. C’è chi la considera un’invenzione nata in seguito alla pubblicazione di “20mila leghe sotto i mari” di Verne – che effettivamente ispirerà molti inventori di macchine sottomarine, anche italiani, come Giuseppe Pino – ma va ricordato che si tratta di un’evoluzione di quella prima Talpa marina del 1869, invenzione di un anno precedente alla pubblicazione del romanzo di Verne. Anzi, secondo alcuni lo stesso Verne citò Gian Battista/Jean-Baptiste Toselli tra i suoi ispiratori.
Probabilmente sono vere entrambe le cose: lo scrittore francese si ispirava agli inventori dell’epoca così come gli inventori si ispiravano ai suoi romanzi. Verne era molto documentato sulle novità scientifiche e tecnologiche del suo periodo, e nei suoi romanzi le usava per aprire nuovi orizzonti per i potenziali utilizzi.
Come ha detto lo scrittore Ray Bradbury: “Senza Verne, molto probabilmente non avremmo mai concepito l’idea di andare sulla Luna”.
Allo stesso modo “20mila leghe sotto i mari” ha dato una spinta al progresso della tecnologia sottomarina. Il salotto del Neptune ricorda il salotto del capitano Nemo.
“A Nizza non si parla d’altro che di un gigantesco apparecchio che arriverà presto nel porto per portare i turisti in fondo al mare!” scrive un entusiasta Le Figaro nel 1884. Il cronista parla con il suo costruttore, un certo Mathian di Lione, al quale Toselli ha ceduto l’invenzione.
Il riferimento è ora Henri Giffard, l’inventore famoso per il suo dirigibile a vapore, che all’esposizione parigina del 1878 aveva colpito tutti (anche lo stesso Toselli, immaginiamo) con un pallone frenato – cioè legato a terra con dei cavi – in grado di trasportare 40 passeggeri per volta. Il pallone poteva salire a 400/600 metri. Nella foto vediamo le lunghe code dei curiosi pronti a salire e in una bellissima pubblicità dell’epoca leggiamo che a terra era presente anche un’orchestra di 70 elementi.
La promessa del Neptune è di far “camminare nell’impero dei mari come Mr Giffard ha fatto camminare i suoi turisti in aria”. Dopo una breve descrizione tecnica e la spiegazione del principio d’Archimede, il cronista annuncia che il Neptune sarà presto a Nizza e che “sarà la grande attrazione della stagione. Organizzeremo una piccola roulette sul fondo del mare?”.
In realtà non sappiamo se il Neptune toccherà mai l’acqua, perché a questo punto se ne perdono le tracce, di lui, di Toselli, di suo figlio e di tutte le macchine sottomarine, e la stessa città di Nizza lo ricorda più come un letterato che si dedicò alla cultura e alla memoria della sua città e non come un inventore.
Il Neptune è stato senza dubbio tra i precursori delle successive torrette d’osservazione, come quelle dell’Artiglio, la nave celebre per il recupero delle imbarcazioni affondate (si veda la torretta butoscopica, molto simile alla Talpa), ma soprattutto un anticipatore dei moderni osservatori marini dove, pagando il biglietto e scendendo qualche gradino, è possibile trovarsi sul fondale della barriera corallina.
Forse il limite della Talpa e del Neptune era quello di non essere macchine adatte al lavoro sottomarino, dunque non adatte a missioni militari (come invece lo erano i sottomarini) o al recupero di oggetti sommersi, cioè le due operazioni che più attiravano l’interesse degli investitori in quel periodo.
Sul problema del recupero degli oggetti sommersi si impegneranno le successive generazioni di inventori italiani, inventando macchinari bizzarri come Il Lavoratore di Piatti del Pozzo (1897), l’Audace dell’ing. Degli Abati (1896), Il battello lavoratore di Giuseppe Pino (1903) e molti altri.
Ma macchine simili, cioè piccoli battelli sottomarini pensati per compiere operazioni subacquee, erano stati pensati già secoli prima, come dimostra il famoso Turtle, la tartaruga (altro animale che va piano ma cammina, come la Talpa) del 1776 realizzato dall’americano David Bushnell, usato però come arma durante la Guerra d’indipendenza americana per attaccare le navi inglesi.
Nei decenni successivi a Toselli si inventeranno centinaia di macchinari per esplorare gli abissi, ma bisognerà aspettare fino al 1932 per vedere l’uomo andare davvero “dove nessuno è mai giunto prima” e tornare su illeso, con la batisfera di William Beebe e Otis Barton. I due coraggiosi, accovacciati dentro una sfera dal diametro di 1,3 metri, scenderanno fino a 923 metri, i primi esseri umani a raggiungere tali profondità.
Oggi possiamo dire che Toselli, a distanza di quasi 150 anni da quelle prime immersioni nel mare di Cagliari, è completamente dimenticato.
La Storia è un filtro dalle maglie larghe: trattiene pochi, la maggior parte cadono nel grande mare dell’oblio. Toselli non è passato alla Storia ed è scivolato via assieme a tanti altri visionari.
Per ogni Marconi e ogni Edison ci sono altri centinaia di anonimi persi ormai negli archivi dei giornali, tanto dimenticati che spesso vengono confusi, scambiati, chiamati con nomi diversi, i loro cognomi sono storpiati, e sono ormai più vicini a personaggi immaginari che a persone realmente esistite.
Dunque se è vero che molte delle sue invenzioni hanno influito su macchinari successivi, è anche vero che non avendo avuto un vero grande successo il suo nome è finito in quel buio degli abissi che tanto gli piaceva. Eppure…
Eppure c’è una sua invenzione che in qualche modo ha fatto storia, per la quale il suo nome, almeno a una ristretta cerchia di iniziati, significa ancora qualcosa. Non ha niente a che fare con il mare, ma con il caffè.
È la locomotiva Toselli, una ingegnosa e bizzarra macchina per fare il caffè costruita come una locomotiva. Viene definita dagli esperti “una delle più incredibili macchine da caffè di tutti i tempi”. Toselli la inventò e la mise in commercio a partire dal 1866, assieme ai suoi numerosi frigoriferi portatili e alle macchine per fare il ghiaccio, e ancora oggi è il desiderio proibito di molti collezionisti. Dal fondo del mare al fondo del caffè. Non è la stessa cosa, ma è abbastanza per ricordarlo.
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Fonti dell’articolo: archivio storico Le Figaro, archivio storico La Stampa, “L’uomo e il mondo sottomarino” di R.Vaissière, HDS Notizie della “Historical Diving Society Italia”, archivio storico Scientific American, Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, Dictionnaire des rues de Nice, Il Politecnico – giornale dell’ingegnere architetto, e qualcos’altro che ora non ricordiamo. Hai trovato qualche errore o sai qualcosa di più sulla storia di Toselli? Contattaci.