Un panoramico abbandono con terrazza vista Corsica
“Tutti uguali, questi semafori”, diranno subito i nostri piccoli lettori. Capo Figari, Capo Ferro, Capo Sperone, e adesso anche questo, un’altra specie di ferro da stiro bucherellato ed eroso da vento e salsedine. E invece no, ognuno dei nostri semafori ha una diversa storia alle spalle, una funzione, una peculiarità, e forse chissà, anche un proprio carattere.
Sicuramente ha avuto il suo bel da fare, il semaforo di Punta Falcone: dirigere e regolare il traffico navale sulle Bocche di Bonifacio, braccio di mare da sempre affollato e turbolento, non dev’essere stato un compito facile. Per noi umani del futuro, comodamente seduti su veloci motonavi o aerei, undici chilometri di larghezza sembrano un’inezia, un canale come tanti che ci lasciamo alle spalle nel giro di pochi minuti. Ma nell’epoca dei remi e delle vele fino a quella dei primi motori, le Bocche, battute da maestrale e forti correnti, hanno sempre terrorizzato i marinai.
L’ultima grande tragedia che ebbe luogo in queste acque risale al 15 febbraio del 1855: nel naufragio della fregata francese Sémillante, sorpresa da una tempesta, morirono tutti i 695 uomini a bordo, tra membri dell’equipaggio e soldati diretti in Crimea. L’eco di questo drammatico episodio colpì i Governi e l’opinione pubblica mediterranea, dando la spinta alla creazione di un servizio di soccorso navale costiero ben coordinato e, parallelamente, di una rete di segnalazione da terra.
Nacque così, pochi anni più tardi, il semaforo di Punta Falcone. Dalla sua collina in località La ficaccia, a 112 metri slm e sul punto più a nord dell’isola, la visuale spazia sullo stretto e sulle inconfondibili scogliere bianche dell’antistante Corsica.
La sua attività, coordinata dalla Regia Marina, continuò incessante fino all’introduzione delle nuove tecnologie di comunicazione radionavale. Durante la Seconda Guerra Mondiale le colline di Punta Falcone si affollarono pericolosamente, con l’installazione di due batterie antiaeree e antinave. Dopo la fine delle ostilità e quasi un secolo di lavoro sulle spalle, il semaforo beneficiò anch’esso del meritato pensionamento raggiunto con la dismissione della rete costiera nazionale.
Spogliata da mobilio e tracce umane, la struttura ormai fatiscente è ridotta a uno scheletro. Sono ancora visibili le casupole di servizio e gli alloggi del personale, la più grande delle quali comunica col semaforo vero e proprio tramite una ripida scala coperta.
La sala centrale, dalla tipica forma a semiluna, è murata e resa cieca dagli immancabili blocchetti di calcestruzzo già visti altrove. La sorte della vecchia asta semaforica è ignota, ma dubitiamo che sia esposta nella villa di qualche eccentrico miliardario collezionista.
Dalla terrazza sovrastante, sogno di qualunque agente immobiliare, Bonifacio appare più vicina che mai, sensazione rafforzata dal cellulare che continua a ricevere messaggi di benvenuto dalla rete telefonica francese.
In mezzo, il mare custode dei morti perennemente increspato da onde e vento, su cui echeggiano sinistre grida di gabbiani che alcune leggende popolari locali considerano foriere di sventura e naufragi.
Dove si trova: sulle colline di Punta Falcone, in località La Ficaccia, Santa Teresa Gallura (SS). È raggiungibile solo a piedi, su un sentiero che percorre il promontorio. Google Maps.