Sembra un enorme edificio sacro che si affaccia sul mare, in realtà era il luogo dove veniva lavato e scelto il materiale delle miniere e a lavorarci erano soprattutto donne.
È una delle prima immagini che si vedono quando si arriva all’aeroporto di Cagliari: un grosso manifesto della laveria La Marmora di Nebida. C’è scritto qualcosa come “questo non è il punto d’arrivo, è il punto di partenza” e abbiamo visto spesso i turisti fermarsi incantanti di fronte alla visione quasi metafisica di questo incredibile monumento.
In realtà, a meno che non arriviate via mare o che voliate appesi a un drone, non la vedrete mai così, ma pezzo per pezzo via terra: meno spettacolare, ma altrettanto interessante.
La Laveria Lamarmora si affaccia sul mare, sembra quasi uscire fuori dalla roccia, e si fa notare per le dimensioni monumentali e per l’architettura ricercata, di stile neomedievale. Costruita nel 1897, qua si lavorava il piombo e lo zinco proveniente dalle miniere attorno. Impressionante anche per il contrasto cromatico tra il giallo delle pietre della laveria e il viola della scogliera. Venne lentamente abbandonata a partire dagli anni ’30 del Novecento. Ci lavoravano soprattutto donne. Ne parliamo anche nel nostro libro dedicato al Sulcis, in particolare in questo passaggio:
Nei primi anni del ‘900 Nebida arrivò ad avere tremila abitanti, quasi tutti impiegati nelle miniere. Oggi solo qualche centinaio, e si campa più che altro di turismo. La mattina visitiamo la Laveria La Marmora, magnifico fantasma giallo-arancione sulle scogliere viola di Nebida. Scopriamo che questa roccia rosso-violacea che ci accompagna da ieri ha un buffo nome: “puddinga ordoviciana”. La Laveria, vista dal mare, sembra un minerale incastonato nella roccia ed è uno dei più suggestivi monumenti di archeologia industriale dell’isola. Da terra, a piedi, è praticamente nascosta e si svela lentamente, mentre si scende lungo il declivio dove un tempo passavano i vagoni sui binari. Come di tutte le cose grandi e nascoste, non possiamo che vederne un pezzetto per volta e immaginarla nella sua interezza.
Se non sapessimo cos’è, la Laveria potrebbe sembrare un edificio sacro, così maestosa, con tutte quelle volte: una cattedrale a strapiombo sul mare. In realtà qui avveniva la cernita e il lavaggio dei minerali, attività svolta soprattutto dalle donne. In piedi o in ginocchio, con le mani nell’acqua e nei metalli, separavano il minerale buono dagli scarti. Lavorare tutto l’anno in mezzo ad acqua e fanghiglia, davanti al mare, voleva dire vivere nell’umidità perenne. C’era una pausa di mezz’ora, dove mangiavano un pezzetto di pane. Era vietato parlare durante il lavoro. Su Internet trovo una foto delle donne all’opera nella cernita: veli neri in testa, sguardi concentrati sulle pietre che passano sul nastro trasportatore. Leggo la testimonianza di una ex cernitrice.
Racconta che una volta ha detto a voce alta che voleva un bicchiere d’acqua: “Il sorvegliante mi ha sentito e mi ha scalato cinque soldi dalla paga”. Ogni volta che le donne aprivano bocca per parlare, ricevevano una multa; le multe si sommavano a fine mese e venivano tolte dal salario. Curiosamente era però consentito cantare, probabilmente perché così potevano dimenticare la sofferenza e la noia del lavoro; e in più così non parlavano tra loro. Le lavoratrici cantavano soprattutto canzoni d’amore. Il materiale arrivava da una galleria sui binari, veniva lavorato nella laveria e poi depositato sul livello del mare, dove si intravedono ancora oggi i ruderi del porticciolo che serviva all’attracco delle barche. L’acqua è verde smeraldo, bellissima. La Laveria venne abbandonata dalla metà degli anni ’30.
Oggi è un bel posto dove fare una passeggiata, scattare delle foto da mettere su Instagram, magari fare una cena a base di pesce nei ristoranti intorno. Ma, come tutti gli altri grandi monumenti di archeologia mineraria, è anche un monumento al dolore, allo sfruttamento e all’ingiustizia sociale. Buona visita!
Dove si trova: a Nebida, si raggiunge facilmente attraverso una bella e panoramica passeggiata che parte dal centro della frazione di Iglesias (SU). Google Maps. TRIPinVIEW.