Tra le montagne dell’Ogliastra, dove si combatteva la guerra alla tubercolosi
Com’era l’Ogliastra nel 1911? Non è facile immaginarlo. Le rarissime e sbiadite istantanee dell’epoca sono sepolte negli archivi storici o, le più fortunate, impresse nei diari di viaggio di qualche avventuroso archeologo-fotografo europeo che agli albori del Novecento visitò questi luoghi. Anche le immagini aeree non si spingono a ritroso oltre il 1954, decretando l’oblio di quello che da sempre è stato il territorio più isolato della Sardegna.
Possiamo fantasticare pensando a strade sterrate, paesini in bilico sulle montagne, agglomerati di casupole a un piano e vicoli tortuosi percorsi da muli e cavalli. Eppure, sotto questa apparente sonnolenza, anche in Ogliastra si combatteva una dolorosa battaglia che in quegli anni mieteva vittime soprattutto fra i giovani: la lotta alla tubercolosi.
La combinazione tra isolamento, carenze igienico-sanitarie e vita comunitaria in ambienti piccoli e chiusi era un facile terreno per lo sviluppo del cosiddetto mal sottile. Nei primi anni del secolo la Direzione Generale della Sanità Pubblica prese atto di questa vera e propria emergenza: Arzana, piccolo centro che allora contava poco meno di 2.500 abitanti, venne scelto come quartier generale per questo atipico conflitto.
La sede centrale doveva necessariamente essere qualcosa di imponente, sia per accogliere un elevato numero di ammalati che per archiviare la conseguente mole di dati burocratici. E fu così che nel 1911, pietra su pietra, un gigante di tre piani sorse tra le piccole case del rione periferico di San Martino. Non ci sono testimonianze o fotografie dell’epoca, ma possiamo ugualmente immaginare l’entusiasmo e lo stupore degli arzanesi di fronte a questo anomalo caseggiato. Il preventorio antitubercolare iniziò da subito l’attività assistendo centinaia di ogliastrini e diventando uno dei punti di riferimento della lotta alla malattia in Sardegna, sia per gli affetti che per gli esposti al rischio di contagio.
La posizione non poteva essere migliore: affacciato su un piccolo strapiombo ed esposto al Sole e al vento proveniente dal mare, godeva di un clima salubre e trasmetteva un ideale messaggio di speranza ai ricoverati che, chiusi nelle loro stanze, ammiravano dalle finestre lo splendido panorama.
Nel corso degli anni l’importanza del preventorio e l’afflusso di pazienti crebbe ulteriormente. Nel Dopoguerra la Regione decise di ristrutturarlo e migliorarlo inserendolo in una rete sanitaria facente riferimento a tutta la Sardegna: nel 1952 venne rinominato ufficialmente come “Preventorio antitubercolare regionale” arrivando a un numero di 200 posti letto per gli ammalati di ogni parte dell’isola. Sette anni più tardi subentrarono le suore della Congregazione della Mercede, che concentrarono gli sforzi soprattutto sulla tubercolosi infantile.
Anche qui, come per il Sanatorio “Conti” di Sassari, l’efficacia delle cure e il livello assistenziale decretarono un drastico calo dell’incidenza di questa malattia. Gli enormi stanzoni si svuotano, il personale viene trasferito e, dal 1974, si entra in un vortice di passaggi di proprietà, dissensi amministrativi e cambi di funzione, fino al 1986, anno della definitiva chiusura e dell’abbandono.
Nei 2.500 metri quadri di questo complesso a ferro di cavallo, oggi pericolante, non è rimasto granché. L’ingresso, con i suoi pannelli in marmo, è più simile a un lussuoso hotel che a una struttura sanitaria. I lunghi corridoi, tutti uguali, si intersecano tra di loro come un labirinto e lo spettrale seminterrato è diventato un gigantesco archivio storico a cielo aperto. Colpisce soprattutto la grande sala mensa con ingenui disegni naïf tra cui spiccano i personaggi Disney, in particolare Quo con la sigaretta sul becco.
Da anni le amministrazioni ogliastrine si interrogano sul futuro dell’edificio: progetti di riqualificazione, restauro, recupero, riconversione e rimodulazione. Nell’infinita attesa, i tetti e i muri di questo possente reduce di guerra continuano lentamente a crollare. Spesso, dopo un conflitto, le armi si appendono a un chiodo. Anche il preventorio di Arzana resta appeso sull’orlo di una collina, immobile e silenzioso, a contemplare l’orizzonte.
Dove si trova: in via Monsignor Virgilio ad Arzana (NU). Edificio pericolante e ad alto rischio di crolli. Google Maps.