La Cupola, uno strano angolo di Paradiso, realizzato dal vulcanico architetto Dante Bini e in passato appartenuto a Michelangelo Antonioni
Siamo in Costa Paradiso, nel versante della Gallura meno noto che guarda a occidente. Un enorme villaggio turistico esteso per chilometri, simbolo del turismo d’élite ma anche di speculazione edilizia e stravolgimento del paesaggio. Le costruzioni paiono soffrire questa accusa, e si mimetizzano, sembrano scogli sulla terra: tanto verde, pietra e colori locali, strade che seguono il pendio, un traffico ordinato e tranquillo. Tutto sorvegliato e organizzato anche durante l’inverno, con la manutenzione che non si ferma mai.
Ma qualcosa non si mimetizza affatto. All’estremo settentrionale dell’insediamento, al termine di un dedalo di vie con davanti solo la macchia e il Golfo dell’Asinara, due oggetti non identificati spiccano nel contesto, dalla strada come dal satellite. Due cupole di cemento che ricordano un’esposizione internazionale o una metropoli futuristica, ma sono atterrate in un villaggio turistico mediterraneo. A vederle così grigie, trascurate e vuote, si pensa subito a un ecomostro, persino a un abuso, qualcuno invocherebbe le ruspe magari davanti alle telecamere. E allora come mai quest’opera dimenticata è ancora studiata nelle università di tutta Europa, e persino i giornali stranieri ne denunciano la rovina?
Perché la grande villa era dell’acclamato regista ferrarese Michelangelo Antonioni. E non ha mai cercato di nascondersi, perché rappresentava il progresso e fu costruita, per impressionare e conquistare la sua compagna Monica Vitti, dal vulcanico Dante Bini, giustamente noto come l’architetto delle bocce o l’architetto delle piramidi.
Si tratta di una tecnica costruttiva estremamente innovativa per l’epoca dei ruggenti anni Sessanta, e ancora in uso: il Binishell. Questa cupola, come la sorella più piccola costruita affianco, è sorta in brevissimo tempo grazie a un’unica gettata di cemento armato, letteralmente gonfiata e sollevata dalla pressione dell’aria al suo interno. Quando il cemento si solidifica, si bucano le pareti ritagliando le aperture desiderate, e il più è fatto, quasi sempre senza rischi. Per la Costa Paradiso furono anni di jet-set: pittori, artisti ed editori, ma soprattuto attori e registi. Dal film del ‘64 dello stesso Antonioni, Il deserto rosso, girato nella vicina Budelli che gli fece scoprire l’impresario e proprietario, a Black Stallion prodotto nel ‘79 da Francis Ford Coppola. Dalla villa due sentieri ricavati nella roccia conducono al mare e a un piccolo stagno, conche e torrenti, addirittura un piccolo fiordo e un’isoletta, segno di una natura ancora stupenda anche se calpestata, specie nel passato.
Ma le relazioni finiscono, nel mondo dello spettacolo spesso bruscamente: ex e amanti rimasero ancora per alcuni anni in Costa Paradiso vivendo nelle case vicine, poi partirono tutti. La villa-cupola ovoidale, casa a uovo o cupola di Antonioni fra i tanti nomi che ha ricevuto, passò di mano in mano e lentamente iniziò il suo declino. Lentamente gli infissi si scheggiano e spezzano, i ferri del cemento armato si scoprono, le piante crescono floride, dal ruvido intonaco sbuca la pelle aliena.
Oggi la villa ha dei proprietari ed è vietato entrare al suo interno, ma solo ammirarla da fuori nel rispetto della privacy e della proprietà privata.
Dove si trova: nord della Sardegna, più precisamente Costa Paradiso, sul mare. Non si può visitare: si trova in una proprietà privata e sconsigliamo assolutamente ogni trasgressione. Google maps, TRIPinVIEW