Invisibile e sotto gli occhi di tutti, la centrale termoelettrica Monteponi è uno dei monumenti di archeologia industriale di Portovesme e, a distanza di un secolo dalla costruzione, sembra contenere le energie oscure accumulate nella Zona.
Abbandonata dagli anni ’60 questa gigantesca centrale termoelettrica oggi appare quasi invisibile. Curiosamente, pur essendo molto grande, da lontano appare come un piccolo anonimo edificio, e solo una volta dentro ci si rende conto delle reali dimensioni di questo monumento di archeologia industriale, di quanto quelle piccole finestrelle viste dalla strada, una volta vicine, siano in realtà molto grandi.
Venne costruita nel porto di Portovesme, vicina ai magazzini minerari e alla ferrovia della Società Monteponi. Al momento della costruzione la termocentrale (alimentata con caldaie a carbone) era considerata uno degli impianti più all’avanguardia di tutta l’isola. Nella progettazione, oltre alla funzionalità, molta importanza era stata data all’estetica e alla scelta dei materiali, tanto che ancora oggi conserva una certa sobria eleganza e non è crollata a pezzi come altre strutture del periodo.
Foto d’epoca (anni ’30 del Novecento)
Portovesme era già dalla fine dell’800 un approdo importante per l’industria mineraria. Si caricava e scaricava, si distribuiva il materiale, ma era anche un luogo di lavorazione dei minerali. Era dunque fondamentale avere un impianto di produzione di energia elettrica. La centrale venne ultimata nel 1915 e restò in funzione per qualche decennio, fino agli anni ’60. A livello architettonico ricorda la vicina centrale termica di Santa Caterina, del 1939.
La centrale dunque diventò un punto di riferimento per la produzione di energia utile alle attività minerarie di Portovesme e di numerose miniere, non solo quella di Monteponi. Negli anni ’30 del Novecento viene spenta e riattivata varie volte, vengono effettuati interventi per migliorarla, e durante la guerra viene perfino bombardata. Vengono realizzati degli interventi di ricostruzione e di ampliamento, ma la centrale verrà comunque lentamente abbandonata.
Insomma una vita travagliata, quella della centrale termoelettrica Monteponi, che si conclude negli anni ’60, non sappiamo con precisione quando. Ma non dimentichiamoci che siamo a Portovesme, una delle zone, forse la Zona, più industriale e oscura dell’isola, dove tutto è misterioso. Alte ciminiere, complesse strutture di ferro, fanghi rossi, fumi neri, macchinari in funzione anche la notte, presenze inspiegabili. Una Zona dove per oltre 150 anni si è manifestato nei modi più assurdi, imprevedibili e inquietanti il Capitale, il progresso, l’industrializzazione.
La centrale Monteponi si trova proprio al centro, oggi circondata dagli alberi, e sembra aver assorbito decenni di fumi, bombe, ingiustizie, lotte. All’interno di questo luogo invisibile e allo stesso tempo sotto gli occhi di tutti (beh, diciamo almeno di chi frequenta Portovesme) troviamo tracce di faide, sfoghi, lotte indecifrabili, rabbia, manifestazioni di pulsioni oscure.
Al portone d’ingresso siamo accolti dalla scritta NOI ODIAMO TUTTI, una dichiarazione d’intenti, un manifesto. Tutto intorno c’è ormai una foresta, a nascondere almeno parzialmente questo gigante e l’odio contenuto dentro questo mastodontico scrigno di calcestruzzo. E’ un po’ come il sarcofago in cemento costruito intorno al reattore n.4 di della centrale nucleare di Cernobyl per contenere le radiazioni.
In questo caso le possenti pareti di calcestruzzo della centrale servono a contenere tutto l’odio riversato sulle pareti interne. Se un tempo questa struttura produceva energia, ora deve contenerla: un’energia oscura, giovanile, senza limiti.
Sulla pareti troviamo alcune delle scritte più interessanti che ci sia capitato di leggere nei luoghi abbandonati. Intanto, una tutto sommato innocua faida tra rapper e metallari, a colpi di insulti, tra “rap merda”, “metal merda” e così via. Poi classici come “fuck the police” e un “dux merda” che però è scritto male e sembra “pux merda”.
E ancora: 666 e croci rovesciate con tanto di rassicuranti “SATANA C’E'”; deliri totali come “IO SONO IL DUCE”, “RAZZA PURA COME ME”, “PORTOSCUSO SUCCHIA IL CAZZO DI SATANA” e “PULIZIA ETNICA”. Ma non è finita.
Disegnata sul muro di un’altra ala troviamo una sbiadita falce e martello con tanto di scritta CCCP; poi, un’equazione tanto semplice quanto efficace come “MUSSOLINI = DIARREA DI SCIMMIA” (anche se, va detto, la diarrea di scimmia ha fatto anche cose buone, Mussolini no); un criptico riferimento a una fantomatica e misteriosa “GAY ARIAN ELITE” e una dedica a un classico del black metal più oscuro, quello del neo-nazi, omicida e ottimo musicista Varg Vikernes, con la scritta “BURZUM FOREVER”.
Ma c’è spazio anche per la critica sociale sulle pareti scrostate della ex centrale, con frasi come “MODAIOLI DI MERDA INCAPACI DI PENSARE DA SOLI SEGUITE LA MASSA MERDE”; e riferimenti alla politica anni ’90, “FINI BERLUSCONI CASINI = TRIS DI CAGHINI”, vicina a croci rovesciate e a una stella a cinque punte con la sigla N.B.R., che sembrerebbe alludere alle Nuove Brigate Rosse.
Infine, ma forse non è davvero la fine, “HITLER OMOSESSUALE”, dove l’omosessualità si suppone sia usata come insulto, o forse no, comunque si tratta di una scritta che destabilizza. Ma l’abisso è per definizione infinito e forse l’apice di questo caos e odio (odio promesso all’ingresso della centrale, ricordiamo) viene raggiunto con la scritta “MERDA IN ETERNO”, una di quelle frasi definitive, che toccano vette di nichilismo che non troverete nei libri di filosofia.
Questo è quello che si legge dentro, sulle pareti. Salendo sul tetto invece si gode di un bellissimo panorama su Portoscuso e Portovesme e sulle strutture dell’ALCOA, davvero un posto bellissimo dove godersi un tramonto contemplando un apocalittico paesaggio industriale vista mare.
Ma non possiamo non scendere anche sotto, nel piano oscuro, dove forse si è accumulata tutta quella energia nera che la centrale cerca ancora di contenere. Tramite delle incerte scalette in ferro si accede al piano seminterrato, dove tra infiltrazioni d’acqua, fango, detriti, buche improvvise, buio e atmosfera angosciante, prendiamo una meritata boccata d’aria e ci riposiamo un po’, per poi riemergere nei piani superiori e tornare al caldo di Portovesme nel primo pomeriggio.
La centrale Monteponi, comunque, per quanto abbandonatissima e ormai dimenticata e invisibile, non appare poi così degradata dal tempo come si potrebbe pensare, se consideriamo che ha oltre 100 anni. La struttura sembra ancora solida e l’edificio conserva il suo fascino imponente, austero, elegante. Paradossalmente sembra più solida e moderna di alcune delle strutture industriali intorno, tutte molto più recenti. Siamo certi che continuerà a contenere l’energia oscura di Portovesme ancora per molto tempo.
Dove si trova: in via Primo Maggio (località Portovesme) nel comune di Portoscuso (SU). Google Maps.