Dove rivivono i villaggi abbandonati della Sardegna e si racconta il fenomeno dello spopolamento
Sotto i nostri piedi potrebbe esserci un villaggio medievale e noi ancora non lo sappiamo. Anzi, nella maggior parte dei casi non lo sapremo mai. Di solito vengono scoperti casualmente, magari mentre una ruspa scava le fondamenta dell’ennesima villetta. Allora può capitare di vedere arrivare qualche individuo estremamente incuriosito che osserva quell’insieme di terra, pietre e cocci all’apparenza insignificanti. In molti casi quei cocci sono effettivamente insignificanti. Ma in altri casi sono sono i resti della storia di un villaggio. E quegli individui curiosi sono gli archeologi, che quella storia la scoprono, la studiano e la raccontano.
E’ con questo spirito che il prof. Marco Milanese lavora ormai da decenni agli scavi del villaggio medievale di Geridu. Ed è con questo spirito che ha dato vita a “Biddas, il museo dei villaggi abbandonati della Sardegna”, allestito con poche risorse e grande passione nel palazzo baronale di Sorso. E’ il primo del genere in Italia ed è molto diverso dai soliti musei. Intanto, come ci dice il suo direttore, “è un museo dove non esistono divieti”. Questo vuol dire che a Biddas si può toccare, fotografare e perfino scaricare tramite chiavetta USB il materiale presente negli schermi interattivi. Il tema è quello dello spopolamento dei paesi sardi. Un fenomeno che la Sardegna ha conosciuto in epoche diverse, non solo nel Medievo: si tratta di un fenomeno drammaticamente attuale.
Non a caso, in maniera provocatoria e senza dubbio efficace, Biddas accoglie i suoi visitatori con immagini del presente: il centro storico fantasma dell’Aquila, la città di Beirut colpita e distrutta dalla guerra e altre fotografie di grande impatto che stupiscono e incuriosiscono il visitatore. “Partiamo dallo spopolamento attuale” – spiega il professore – “illustrando le varie cause, per tornare indietro nel tempo, ripercorrendo lo spopolamento nella storia, tra archeologia, antropologia e sociologia, fino ad arrivare ai villaggi abbandonati di epoca medievale”.
Il punto di arrivo è anche il punto di partenza, ovvero Geridu, in passato un grosso paese a pochi chilometri da Sorso, nonchè il primo dei villaggi medievali abbandonati della Sardegna ad essere scavato in estensione. Al momento gli scavi sono fermi. Negli scaffali del museo sono conservati centinaia di reperti, cocci e ossa umane, che ci permettono di saperne di più sugli abitanti di quel paese e dunque della Sardegna del tempo.
Oggi Geridu rivive all’interno del museo di Biddas. Dove, grazie alla passione e alla volontà del prof. Milanese e dei suoi collaboratori, è stato ricostruito l’interno di una delle abitazioni. Ed è quasi come viverci, in quell’antico villaggio ormai sepolto. Perché Biddas è anche un museo sensoriale: ogni stanza ha il pavimento dell’epoca che racconta, mentre i reperti si possono toccare con mano. Un’esperienza totalmente diversa da quella di osservare passivamente dei reperti chiusi nelle teche di vetro.
L’idea alla base di Biddas infatti è quella di comunicare la scienza senza annoiare, attraverso suggestioni, curiosità e provocazioni. Una missione difficile e rischiosa, ma che finora sembra essere riuscita nel suo intento. “Da quando abbiamo aperto ci sono state diverse scolaresche e il riscontro finora è stato positivo”, spiega il professore. Il museo infatti non è dedicato solo a turisti o appassionati di archeologia, ma anche ai bambini. C’è un percorso dedicato esclusivamente ai più piccoli, che – grazie a un simpatico abitante di Geridu loro coetaneo – vengono introdotti al mondo dell’archeologia, anche grazie a un’area laboratorio.
A Biddas grandi e piccoli vengono stimolati e sensibilizzati al tema dello spopolamento e alle sue conseguenze con l’obiettivo più generale di “generare attenzione per la tutela del patrimonio archeologico dei villaggi abbandonati della Sardegna e sottolineare l’urgenza di una pianificazione territoriale di questo patrimonio diffuso”. Dunque, occhi aperti quando vedrete la prossima ruspa.